Mafia, operazione forze dell'ordine a Palermo, 16 fermati: imposero il pizzo anche durante il lockdown

Mafia, operazione forze dell'ordine a Palermo, 16 fermati: imposero il pizzo anche durante il lockdown

Mafia, operazione forze dell'ordine a Palermo, 16 fermati: imposero il pizzo anche durante il lockdown


Due anni di indagini per arrivare al fermo di 16 persone nei mandamenti Brancaccio-Ciaculli, nei quartieri più popolari di Palermo; i boss imposero il pizzo ai commercianti anche durante il lockdown; nessuna vittima aveva denunciato

La minaccia del pizzo anche durante il lockdown

Il pizzo era imposto a tappeto persino durante il lockdown. Nessuno sfuggiva agli esattori di Cosa nostra e nessuno denunciava. Oltre cinquanta gli episodi estorsivi ricostruiti dagli uomini della Squadra mobile nell'ambito del maxi blitz antimafia, con sedici fermi eseguiti a Palermo da Carabinieri e Polizia di Stato, che ha colpito il mandamento di Ciaculli. Richieste di pizzo continue a fronte di zero denunce. "In alcuni casi i commercianti si sono preoccupati di non figurare nel 'libro mastro' delle estorsioni o di offrire all'estortore un escamotage per eludere eventuali controlli di polizia - hanno spiegato gli investigatori- "Persino durante l'emergenza epidemiologica, i pochi negozianti rimasti aperti, peraltro con volumi d'affari assolutamente esigui, sono stati costretti a versare l'obolo mafioso".

La famiglia Greco ancora a capo dei clan

È rimasto alla storica famiglia dei Greco lo scettro sul mandamento di Ciaculli. Il particolare emerge dall'inchiesta di Polizia e Carabinieri che oggi hanno fermato 16 persone per mafia ed estorsione. In cella, tra gli altri, è finito Giuseppe Greco, 63 anni, cugino di Leandro Greco il giovanissimo referente della commissione provinciale di cosa nostra e capo mandamento di Ciaculli, arrestato due anni fa. Leandro è il nipote diretto di Michele Greco, storico e temuto boss, detto 'il papa'. Secondo gli investigatori, i Greco puntavano all'egemonia su Palermo.

Alla manifestazione non ci vai, il veto del boss

Tra gli episodi ricostruiti dalle indagini, spicca quello inquietante che vede protagonista il boss Maurizio Di Fede che proibì alla figlia di un'amica di prendere parte alla manifestazione di commemorazione della strage di Capaci. Nonostante i tentativi della madre di convincerlo, il boss controllò personalmente che la ragazzina non andasse con i compagni di scuola all'iniziativa organizzata dalla Fondazione Falcone, minacciando la donna: "Se gli mandi la bambina sei una sbirra", disse. La sorella del giudice ucciso a Capaci, Maria Falcone ha commentato: "Le gravissime parole pronunciate dal boss arrestato oggi sono la riprova dell'importanza del lavoro che facciamo nelle scuole, un lavoro che dà evidentemente fastidio alla mafia e che proprio per questo va portato avanti. La mafia si combatte non solo con la repressione ma anche con una rivoluzione culturale e un'opera di educazione alla legalità in particolare delle giovani generazioni".


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