Paul McCartney contro i voucher italiani, Assomusica risponde: "Se avesse tenuto al suo pubblico avrebbe cambiato data, come tutti"

Paul McCartney contro i voucher italiani, Assomusica risponde: "Se avesse tenuto al suo pubblico avrebbe cambiato data, come tutti"

Paul McCartney contro i voucher italiani, Assomusica risponde: "Se avesse tenuto al suo pubblico avrebbe cambiato data, come tutti"


L'ex Beatle è intervenuto sulla questione con un lungo post su Facebook contro le scelte del governo italiano, il ministro Franceschini: "Il voucher vale solo per un concerto dello stesso artista"

Paul McCartney può dirsi soddisfatto. Nel giorno che lo avrebbe dovuto vedere sul palco in piazza del Plebiscito a Napoli per il primo dei suoi due concerti italiani (il secondo era in programma il 13 giugno al Lucca Summer Festival) - cancellati per il coronavirus e che non è stato possibile riprogrammare -, Sir Paul, in un lungo post pubblicato di prima mattina in italiano sulla sua pagina Facebook, ha puntato il dito contro i voucher, la misura adottata in sostituzione del rimborso in denaro per gli eventi annullati, e contro il governo italiano e Assomusica. E il ministro Franceschini, nel tardo pomeriggio, gli dà ragione. "E' veramente scandaloso che coloro che hanno pagato un biglietto per uno show non possano riavere i loro soldi. Senza i fan non ci sarebbe musica dal vivo - è la netta posizione presa dell'ex Beatle -. Siamo fortemente in disaccordo con ciò che il governo italiano e Assomusica hanno fatto. Siamo tutti estremamente dispiaciuti del fatto che gli spettacoli non possano avvenire ma questo e' un vero insulto per i fan". 

Un attacco frontale, che però raggiunge lo scopo. Dopo una giornata sui social di plauso per il baronetto, il ministro dei Beni e delle attività culturali e del Turismo arriva a smorzare toni e polemica. "E' evidente che la ratio della norma è che il voucher valga solo per un concerto dello stesso artista e che se questo non si terrà lo spettatore avrà diritto al rimborso. Il Parlamento credo potrà intervenire in conversione per togliere ogni dubbio interpretativo sulla norma". L'intervento di Franceschini era stato chiesto anche dalle associazioni dei consumatori che avevano accolto con favore la presa di posizione di McCartney (da Codacons a Unc, passando per Aduc e Federconsumatori).

Si era detto d'accordo sulla restituzione dei soldi anche il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. E se da una parte il governo prova a mediare, dall'altro chi non l'ha presa bene è Assomusica, che rimanda al mittente ogni accusa. "Paul McCartney ha sbagliato obiettivo - dice il presidente Vincenzo Spera, scaricando sul cantante inglese le responsabilità -. E' lui che ha annullato il tour, sapendo quale fosse la situazione in Italia e quali sarebbero state le conseguenze della decisione di non riprogrammare le date nel nostro Paese in un altro momento. Non accetto lezioni da lui. Se teneva al suo pubblico avrebbe potuto accettare la richiesta di una nuova data, come sta facendo il 99% degli artisti". Assomusica ribatte anche all'accusa di aver in qualche modo "condizionato" il governo sulla scelta dei voucher. "Falso. E' lo Stato a decidere in autonomia le leggi più opportune. E poi la norma non è stata fatta per Assomusica ma per il settore del turismo, per i musei, per gli spettacoli dal vivo in generale. Per evitare il collasso". 

D'Alessandro e Galli, la società organizzatrice dei concerti di Paul McCartney in Italia, nonostante dichiari di comprendere "l'amarezza dell'artista e il suo dispiacere", allo stesso tempo ritiene "che il governo abbia identificato nel voucher lo strumento che garantisse il corretto bilanciamento tra la legittima delusione del fan che non potrà assistere ad un determinato concerto e l'esigenza vitale di sostenere l'intera filiera dello spettacolo". Anche gli organizzatori, poi, ribadiscono che "lo staff di Paul McCartney era perfettamente a conoscenza da prima della cancellazione" della formula di rimborso sotto forma di voucher, "istituita dal governo italiano per far fronte a una crisi senza precedenti che rischiava di dare un colpo fatale all'industria della musica dal vivo e ai circa 400.000 lavoratori che ne fanno parte".

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