Riaperte le indagini sul caso Nada Cella: a venticinque anni dall'omicidio di Chiavari spunta una nuova sospettata

Riaperte le indagini sul caso Nada Cella: a venticinque anni dall'omicidio di Chiavari spunta una nuova sospettata

Riaperte le indagini sul caso Nada Cella: a venticinque anni dall'omicidio di Chiavari spunta una nuova sospettata


A distanza di più di vent'anni potrebbe essere vicino alla risoluzione il cold case sulla morte di Nada Cella. Nuove prove, trascurate all'epoca, puntano dritte contro Annalucia Cecere

Nel maggio del 1996, poco dopo le 9 del mattino, venne ritrovato a Chiavari il cadavere di Nada Cella, 25 anni. Rinvenuta stesa in una pozza di sangue nell’ufficio dove lavorava, in via Marsala 14, era stata colpita dieci volte al cranio con un oggetto contundente. L’assassino le aveva poi sbattuto la testa con forza contro il pavimento: “Il gesto d’impeto di un folle”, così fu definito nella prima autopsia. Ora, a più di vent’anni dal delitto, una nuova pista punta dritto verso una donna: Annalucia Cecere. A far riaprire il caso è stata Antonella Pesce Delfino, tecnica di laboratorio al dipartimento di genetica dell’università di Bari e aspirante criminologa.

LE PROVE CONTRO ANNALUCIA CECERE

Annalucia Cecere, che oggi ha 53 anni e risiede in Piemonte (dove ha lavorato a lungo come maestra d’asilo), alla fine degli anni novanta era quasi coetanea della Cella. Aveva conosciuto Marco Soracco, commercialista ed ex datore di lavoro di Nada, ad un corso di ballo, durante il quale se ne sarebbe invaghita. Tentò persino di prendere il posto di Nada Cella come sua segretaria. Tutto questo fu raccontato all’epoca dei fatti da una persona vicina alla famiglia Saracco, che affermò anche di aver visto una donna somigliante ad Annalucia uscire dal palazzo in cui era stata uccisa Nada, testimonianza che fu confermata e sostenuta da un mendicante. Dichiarazioni che all’epoca furono ritenute non rilevanti dalla procura di Chiavari. Inoltre, durante una perquisizione nell’abitazione della donna oggi al centro dei sospetti (che fu indagata già all’epoca, a distanza di 15 giorni dall’omicidio, ma l’inchiesta fu archiviata dall’allora procuratore capo) furono ritrovati cinque bottoni di tipo militari: uguali a quello ritrovato sotto il cadavere di Nada. Un altro dettaglio che venticinque anni fa si scelse di non notare. Al tempo le indagini si concentrarono solamente su Saracco e la madre, Teresa Bucchioni, che sono tornati al centro dell’attenzione giudiziaria con l’accusa di false dichiarazioni a pubblico ministero. Tutti e tre hanno ricevuto l’avviso di garanzia.


LA RIAPERTURA DELLE INDAGINI

Nel 2019 Antonella Pesce Delfino si è presentata da Francesco Cozzi, l’allora procuratore capo di Genova, insieme a Silvana Smaniotto, madre di Nada. Il materiale presentato al procuratore fu sufficiente a far sì che Cozzi le affidasse tutti i fascicoli e i documenti sul delitto prodotti in questi anni. Per sapere una volta per tutte cosa accadde in quel 6 maggio 1996 l’inchiesta punta tutto su alcuni reperti di Dna trovati all’epoca sulla camicetta della giovane, che saranno analizzati a partire da oggi da Emiliano Giardina, il genetista che si occupò del caso di Yara Gambirasio.





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