Senza paura, con la radio accesa #andràtuttobene

Senza paura, con la radio accesa #andràtuttobene

Senza paura, con la radio accesa #andràtuttobene


Il giornalismo e la radio non devono rimanere schiacciati dalla paura del coronavirus

Abbiamo un dovere, oggi più che mai: la nostra passione per il giornalismo e per la radio non devono assolutamente rimanere schiacciati dalla paura del coronavirus. Così come i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, anche noi che lavoriamo nel campo della comunicazione e dell'intrattenimento radio televisivo abbiamo una missione da compiere: informare senza allarmare, comunicare tentando di non peccare mai di cattivo gusto, intrattenere con la consapevolezza del potere che abbiamo davanti ad un microfono e/o a una telecamera.

Lo dobbiamo ai milioni di ascoltatori della radio italiana, lo dobbiamo a noi stessi che su questo mezzo abbiamo investito tempo, sogni e speranze, lo dobbiamo ai nostri nonni che a notte fonda così come nelle prime ore del mattino, mentre sorseggiano una bevanda calda, cercano conforto e compagnia nelle voci di chi conduce. Lo dobbiamo a chi ci ascolta mentre attraversa l'Italia alla guida di un camion carico di generi alimentari o di giornali freschi di stampa o a chi, ancora più coraggioso e paziente, lavora nella pubblica sicurezza per garantire che le misure adottate dal Governo vengano rispettate alla lettera.

Mai come oggi la radio ha il compito di unire il paese, di farsi comunità, di trasformarsi in uno spazio nel quale amplificare emozioni, sentimenti e perfino fragilità. La radio questa sua funzione la conosce bene: la leggenda narra che questo mezzo meraviglioso entra nella nostra vita la notte tra il 14 e il 15 aprile del 1912, quando un marconista di ventun anni captò i segnali di S.O.S lanciati dal Titanic. Il giovane si chiamava David Sarnoff e lavorava nella società telegrafica Marconi wireless telegraph company of America, fondata dallo scienziato italiano. Sarnoff raccontò di aver passato i tre giorni seguenti all'incidente a ricevere informazioni sui dispersi e che fu in quel momento che capì le potenzialità di questo strumento che oggi si è perfino trasformato, chi poteva immaginarlo all'inizio del '900, in una radiovisione.

Oggi tutti noi conduttori radiofonici, così come il giovane Sarnoff, abbiamo il compito di guardare lontano e di reinventare il nostro mestiere attraverso quella libertà creativa capace, magari, di rasserenare le giornate di chi non riesce a vincere la paura, di chi non è in grado di pensare al suo futuro o di chi non ha nemmeno la forza di vedere quella lucina in fondo al tunnel. Questo è il compito che la nostra professione ci impone, questa è la sfida. Senza paura e con la radio sempre accessa, #andràtuttobene.


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