Usa contro l’ex commissario Ue Breton: stop al visto per la legge europea sui servizi digitali

Usa contro l’ex commissario Ue Breton: stop al visto per la legge europea sui servizi digitali

Usa contro l’ex commissario Ue Breton: stop al visto per la legge europea sui servizi digitali Photo Credit: EPA/YOAN VALAT / POOL


Washington sanziona Thierry Breton e quattro attivisti europei accusandoli di censura online. Parigi protesta e parla di attacco alla sovranità digitale Ue

Per anni è stato uno dei volti più riconoscibili della linea dura europea contro lo strapotere delle grandi piattaforme digitali. Ora quella stagione politica presenta il conto sul piano internazionale. Thierry Breton, ex commissario Ue al Mercato interno, si è ritrovato al centro di uno scontro diplomatico dopo che gli Stati Uniti hanno deciso di negargli l’ingresso nel Paese, accusandolo di aver promosso norme considerate ostili agli interessi americani.

LA MISURA CONTRO BRETON E ALTRI ESPONENTI EUROPEI

La misura è stata annunciata dal Dipartimento di Stato, che ha esteso le restrizioni anche a quattro esponenti di organizzazioni non governative europee impegnate nel contrasto alla disinformazione online. Secondo Washington, queste figure avrebbero contribuito a iniziative coordinate per spingere le piattaforme statunitensi a limitare contenuti e opinioni giudicate scomode, configurando una forma di censura oltre confine. Nella nota ufficiale, i destinatari delle sanzioni vengono descritti come promotori di campagne volte a colpire la libertà di espressione e l’autonomia delle imprese tecnologiche Usa.

LE PAROLE DI RUBIO E OP DIGITAL SERVICES ACT

Il segretario di Stato Marco Rubio ha rincarato la dose sui social, sostenendo che per troppo tempo settori politici e istituzionali europei avrebbero tentato di influenzare le regole del dibattito pubblico americano attraverso pressioni normative. L’amministrazione Trump, ha chiarito, non intende più tollerare interventi che considera un’ingerenza diretta nel sistema democratico e nel mercato degli Stati Uniti. Al centro delle accuse c’è soprattutto il Digital Services Act, il regolamento europeo che impone obblighi stringenti alle grandi piattaforme in tema di moderazione dei contenuti, trasparenza algoritmica e tutela degli utenti. Breton, in carica dal 2019 al 2024, è stato uno degli artefici principali della legge e non ha mai nascosto lo scontro con figure di primo piano della Silicon Valley, da Elon Musk in giù, rivendicando il diritto dell’Europa di fissare regole proprie per il suo spazio digitale.

LA REAZIONE FRANCESE

Oltre all’ex commissario francese, il provvedimento americano colpisce Anna-Lena von Hodenberg e Josephine Ballon, legate all’ong tedesca HateAid, Clare Melford del Global Disinformation Index britannico e Imran Ahmed del Center for Countering Digital Hate di Londra. Organizzazioni che, secondo gli Usa, avrebbero esercitato pressioni indebite sulle aziende tecnologiche. La reazione di Parigi non si è fatta attendere. Il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot ha parlato di una decisione inaccettabile, difendendo la sovranità europea e il diritto dell’Unione a regolamentare il proprio ecosistema digitale senza interferenze esterne. Breton, dal canto suo, ha risposto con ironia amara, evocando sui social il ritorno di una “caccia alle streghe” e ricordando che il Digital Services Act è stato approvato democraticamente dal Parlamento europeo e da tutti i governi dell’Unione. Un messaggio diretto a Washington: la censura, sostiene, non è dove gli Stati Uniti credono di vederla.



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