100 anni fa la marcia su Roma, quando il fascismo prese il potere con la violenza

100 anni fa la marcia su Roma, quando il fascismo prese il potere con la violenza

100 anni fa la marcia su Roma, quando il fascismo prese il potere con la violenza Photo Credit: agenziafotogramma.it


Era il 28 ottobre 1922, un manipolo di camicie nere entrò nella capitale, Mussolini sovvertì la democrazia parlamentare e prese il potere con la complicità della debolezza del Re Vittorio Emanuele III che non si oppose

DISTANZA DAL REGIME FASCISTA

Corsi e ricorsi, simboli e coincidenze. Il centesimo anniversario della marcia su Roma ricorre pochi giorni dopo l’insediamento del primo governo di destra in Italia. La premier Giorgia Meloni in Parlamento ha comunque parlato chiaro. Prendendo le distanze da ogni regime, compreso quello fascista. E aggiungendo che le leggi razziali promosse da Benito Mussolini hanno rappresentato uno dei momenti più bui della nostra storia. Come ogni anno ci sarà un manipolo di nostalgici in camicia nera che vorrà celebrare la ricorrenza. Ma - ripassando la storia- dovrebbe essere chiaro che non c’è proprio niente da festeggiare.

MUSSOLINI NON IN PRIMA LINEA

Il 28 ottobre 1922 migliaia di fascisti si diressero sulla capitale minacciando la presa del potere con la violenza. La manifestazione ebbe termine il 30 ottobre, quando il re Vittorio Emanuele III incaricò Mussolini di formare un nuovo governo. Quella che è stata tramandata come una muscolare prova di forza in realtà è stata soprattutto un bluff e un azzardo: il futuro Duce non marciò su Roma, non partecipò in prima persona; restò al coperto, seguì gli eventi da Milano e si presentò nella capitale solo qualche giorno dopo, a cose fatte. A capo del governo c’era Luigi Facta, l’obiettivo di Mussolini era estrometterlo, sovvertire la democrazia parlamentare e prendere il potere con la forza.

VIOLENZA E SOPRUSO

Come spiega molto bene Aldo Cazzullo nel suo libro “Mussolini – il capobanda”, i fascisti non sono peggiorati con il tempo: da subito hanno basato la loro politica sul sopruso e sulla violenza. E tutto era chiaro già in quel 1922, caratterizzato da ripetuti episodi di aggressioni squadriste contro chi non era d’accordo con le idee e i metodi del futuro Duce.


L'IRRUZIONE DELLE CAMICIE NERE

Nei giorni che precedettero la marcia su Roma, Perugia era stata scelta come quartiere generale dell'iniziativa. Da qui i quadrumviri (tra i quali Italo Balbo) nominati qualche giorno prima da Mussolini coordinavano le operazioni. Il 27 ottobre circa ventimila camicie nere partirono da Santa Marinella, Tivoli, Monterotondo e dal Volturno e, requisendo convogli ferroviari, si diressero verso la capitale, difesa a sua volta da 28.400 soldati.

UN RE DEBOLE E TIMOROSO

All’alba del 28 ottobre il governo dichiarò lo stato d'assedio, ma il re Vittorio Emanuele III si rifiutò di controfirmarlo e Luigi Facta si dimise: il Paese era senza governo e fuori controllo. La camicie nere occuparono i luoghi chiave della capitale e Mussolini fu convocato dal re. Arrivò a Roma il 30 ottobre, quando il re gli conferì ufficialmente l'incarico di formare un nuovo governo di coalizione. L’Italia entrava così nel tunnel che avrebbe portato povertà, assenza di libertà, guerra e la vergogna delle leggi razziali.



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