Eurovision, la frattura sul caso Israele: cresce il fronte del boicottaggio
Eurovision, la frattura sul caso Israele: cresce il fronte del boicottaggio Photo Credit: Ansa/Yuri Kochetkov
11 dicembre 2025, ore 10:00
Il nostro paese ha scelto la continuità. La Rai, con un comunicato, ha ribadito la partecipazione alla 70ª edizione del concorso
Anche l’Islanda fa un passo indietro e sceglie la via del boicottaggio. L’Eurovision Song Contest del 2026, atteso a Vienna dal 12 al 16 maggio, si preannuncia come una delle edizioni più controverse della sua lunga storia. La decisione dell’European Broadcasting Union (Ebu) di confermare la presenza di Israele in gara, nonostante le pressioni di diversi Paesi che chiedevano un’esclusione alla luce delle operazioni militari nella Striscia di Gaza, ha provocato un’ondata di reazioni e un fronte di boicottaggio in costante espansione.
EUROVISION 2026, ANCHE L’ISLANDA FA UN PASSO INDIETRO
La radiotelevisione pubblica islandese ha comunicato che diserterà il palcoscenico eurovisivo, aggiungendosi alla lista dei Paesi che hanno scelto di non partecipare alla prossima edizione. Una decisione che si somma a quelle già prese da Spagna, Irlanda, Olanda e Slovenia, che nelle scorse settimane avevano formalizzato il loro ritiro per le stesse ragioni. Nel comunicato diffuso si legge che “le condizioni attuali non consentono una partecipazione responsabile all’evento”, un messaggio che fotografa il clima di crescente malessere all’interno dell’Unione radiotelevisiva europea. Una tensione che, secondo diversi osservatori, covava da tempo: molti membri contestano gli “standard doppi” dell’Ebu, ricordando come la Russia sia stata esclusa nel 2022 dopo l’invasione dell’Ucraina e la Bielorussia nel 2021 in seguito alle contestate elezioni che avevano confermato Alexander Lukashenko alla presidenza.
EUROVISION 2026, L’ITALIA CONFERMA LA SUA PRESENZA
Il nostro paese ha scelto la continuità. La Rai, con un comunicato, ha ribadito la partecipazione alla 70ª edizione del concorso. Una posizione che l’emittente di Viale Mazzini lega al ruolo storico dell’Italia all’interno della competizione: «In qualità di membro dei Big Five — ha ricordato la Rai — il nostro Paese ha sempre sostenuto l’Eurovision, contribuendo al suo sviluppo culturale ed economico». La posizione italiana trova alleati solidi. France Télévisions ha confermato la presenza Oltralpe e difeso la scelta dell’Ebu. Il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot, intervenendo sui social, ha elogiato la decisione, sostenendo che arrendersi alle pressioni «sarebbe un precedente pericoloso». Barrot ha invitato a «respingere ogni forma di oscurantismo» e ha criticato l’idea che, in opposizione a un governo, si arrivi a colpire indiscriminatamente cultura, artisti e produzioni intellettuali. Un orientamento simile arriva da Berlino. Il portavoce del governo tedesco, Sebastian Hille, ha definito «incomprensibili» le defezioni degli altri Paesi, ribadendo che «Israele appartiene all’Eurovision, ieri come oggi».
La domanda che molti si pongono ora è se, a pochi mesi dall’evento, il fronte del boicottaggio continuerà a crescere oppure se prevarrà l’idea, sostenuta dai Paesi rimasti, che la musica debba comunque avere la sua voce, anche nelle stagioni più complesse della storia.



