Harry Potter: la saga di J. K. Rowling compie 25 anni

Harry Potter: la saga di J. K. Rowling compie 25 anni

Harry Potter: la saga di J. K. Rowling compie 25 anni


Il maghetto più famoso del mondo festeggia il suo primo quarto di secolo, e nessuno lo ha dimenticato

UN FENOMENO DI PORTATA MONDIALE

La cicatrice non gli faceva più male da diciannove anni. Andava tutto bene”. Così si chiude l’ultimo capitolo di Harry Potter e i doni della morte, settimo e ultimo volume della saga più famosa della storia della letteratura per ragazzi. E non possiamo negare che oggi, a 25 anni di distanza dalla prima copia pubblicata, i capolavori di J. K. Rowling sono difficilmente categorizzabili come “letteratura per ragazzi”: l’impatto culturale del fenomeno Harry Potter va troppo oltre per poterlo considerare limitato ai più piccoli. Chi leggeva Harry Potter e la pietra filosofale 25 anni fa è ormai adulto, forse genitore, eppure trova ancora rifugio nella sua vecchia copia sgualcita (che oggi vale anche un bel po’ di soldi). Non si accusi di infantilismo chi ancora rimpiange la sua lettera di Hogwarts, perché saper conservare un pizzico di magia dentro di sé può essere un’arma contro gli affanni di tutti i giorni. In effetti, se dovessimo incontrare Harry oggi, ci parrebbe assai strano che la sua cicatrice non bruci più, poiché siamo ben lontani dal far andare tutto bene. Eppure, nonostante i nostri Voldemort non siano stati sconfitti, persiste un tenace germoglio di inguaribile ottimismo nei lettori di Harry Potter. La categoria di classico è difficile da definire, ma di certo sua caratteristica immancabile è una certa persistenza nel tempo: possiamo in questo modo inserire già la saga del mago tra i classici contemporanei. Harry Potter è ad oggi un vero e proprio brand transmediale che vive e si espande su mezzi e piattaforme diverse: basti pensare alla recente reunion per i 20 anni della saga cinematografica, alla quale hanno preso parte gli attori Daniel Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grint e Tom Felton – i quali, come noi, sono entrati nel mondo di Rowling da bambini per uscirne adulti – ma anche tanti altri membri del cast. E ancora, a fine anno è prevista l’uscita di un nuovo videogioco, “Hogwarts Legacy”, per chi non è ancora (e forse non lo sarai mai) pronto a lasciare i corridoi della scuola di magia che tutti vorremmo frequentare. La portata del fenomeno è ancora oggi gigantesca, nonostante alcune importanti battute d’arresto e degli inizi a dir poco modesti.

STORIA DI UN RIFIUTO EDITORIALE

Nel multiverso della Marvel, potremmo star certi che ci sia una realtà parallela in cui l’incubo di molti si è concretizzato: Harry Potter non è mai stato pubblicato. Eppure, questo scenario non è chissà quanto incredibile. Ripercorriamo brevemente la storia editoriale del bambino sopravvissuto: la giovane Joanne Rowling, appena separata, vive del sussidio di disoccupazione a Edimburgo, dove si barcamena tra lo studio per l’abilitazione all’insegnamento e una figlia piccola. Le sue condizioni di vita sono critiche, e gli unici momenti di schiarita sono quelli trascorsi al pub del cognato, l’Elephant. È qui che, pagina dopo pagina, prende vita il primo volume della saga che segnerà la sua fortuna. Batte a macchina due copie di Harry Potter e la pietra filosofale e ricerca un agente letterario disposto a intercedere con le case editrici. Il primo, neppure a dirlo, rifiuta il manoscritto. Il secondo, Christopher Little, accetta su imbeccata di una sua collaboratrice. L’impresa, tuttavia, è ardua: il testo supera di molto il numero di battute standard adeguate a un libro per ragazzi, e ben 11 case editrici restituiscono il manoscritto al mittente. C’è un pizzico di magia, però, in quel che accade dopo: la figlia del presidente della casa editrice Bloomsbury di Londra ha letteralmente divorato i primi capitoli del romanzo. Harry Potter ha trovato una casa, grazie a una bambina. Un ultimo dettaglio va definito per mandare in pubblicazione la storia di Rowling: un nome femminile allontanerebbe potenziali lettori maschi, e dunque le viene richiesto di rendersi no gender. Nel 1997 inizia ufficialmente, con tiratura bassissima, la storia dei romanzi di J. K. Rowling.

LE POSIZIONI TERF DI J. K. ROWLING E IL RISCHIO DELLA CANCEL CULTURE

25 anni sono un lungo periodo, specialmente nell’epoca digitale. In 25 anni cambia il mondo. Non è retorica affermare che il fenomeno Harry Potter abbia avuto un ruolo fondamentale nella formazione delle nuove generazioni, eppure non possiamo raccontare questa storia come storia di sole luci. All’infuori di qualche inciampo di troppo dal punto di vista dei prodotti mediali – la saga di Animali fantastici ha tristemente depotenziato l’entusiasmo per un rinverdito fenomeno cinematografico, ma anche la sfortunata pièce teatrale, La maledizione dell’erede –, lo scoglio più grande che la memoria di Harry, Hermione e Ron si trova ad affrontare è tristemente legato alla loro creatrice: una vera e propria bufera mediatica ha investito J. K. Rowling negli ultimi anni, a seguito di alcune affermazioni transfobiche, per le quali è stata categorizzata come TERF (trans-exclusionary radical feminist, femminista radicale trans-escludente). Non entreremo qui nel merito della questione, che richiederebbe una trattazione più ampia, ma è necessario soffermarsi sul modo in cui le opinioni personali dell’autrice di oggi si siano retrospettivamente riversate sulla saga di ieri. Molti sono i fedeli potteriani che hanno deciso di distaccarsi da quel mondo a seguito del caso Rowling, rifiutando di fruire o diffondere qualsiasi prodotto legato al brand per evitare di sostenere economicamente, seppure in via indiretta, una persona portatrice di valori diversi dai loro. Se da un lato è più che legittimo, e anzi ampiamente condivisibile, il rigetto delle posizioni transfobiche di Rowling, lo è meno la damnatiomemoriae della saga di Harry Potter. È d’obbligo di qualsiasi persona avveduta un fondamentale distinguo: quello tra autore e opera. 19 anni sono passati dalla conclusione della saga di Harry Potter, i cui romanzi (e, conseguentemente, i film) sono stati portatori di messaggi positivi, di speranza, di forza per milioni di ragazzi in tutto il mondo. Non è un’iperbole dire che le avventure dei maghi di Hogwarts hanno aiutato tante persone a sconfiggere i propri demoni, a credere in forze ancestrali come l’amicizia, l’amore, il diverso. La veicolazione di valori etici non necessita di esplicita tematizzazione – come nella migliore tradizione del “show, don’t tell” –, eventi e personaggi permettono di iniziare a familiarizzare indirettamente con l’empatia, il coraggio, la giustizia, lo spirito critico, ma anche l’inclusione e la parità di genere. L’impatto che i sette romanzi della saga hanno avuto è dunque irriducibile a posizioni recenti della loro creatrice, le quali non sono in alcun modo rintracciabili nei suddetti. È senza dubbio vero che si debba dare il proprio sostegno a chi utilizzi la sua visibilità per fini nobili, ma la demonizzazione della figura di Rowling è il prodotto deviato di una cultura che non è più in grado di dialogare, di dibattere, di scindere, ma si limita semplicemente a premere il tasto cancel. Harry Potter sopravviverà alle bufere, continuando a ispirare le future generazioni e veicolando il messaggio più importante di tutti: che Harry, per quanto fosse speciale, nulla avrebbe potuto contro Voldemort se al suo fianco non avesse avuto i suoi variegati e pittoreschi amici. Il segno lasciato da Harry Potter, alla fin fine, è la nostra cicatrice. E possiamo star certi che continuerà a bruciare.


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