Mascherine contro il coronavirus e nanoplastiche, il nuovo allarmante pericolo per l’ambiente
Mascherine contro il coronavirus e nanoplastiche, il nuovo allarmante pericolo per l’ambiente
13 marzo 2021, ore 14:55
agg. 15 marzo 2021, ore 09:54
Con la pandemia il problema dell’inquinamento ambientale si è ulteriormente aggravato, con gravi conseguenze per il pianeta e tutti i suoi abitanti
Una nuova battaglia ecologica
Ogni giorno, durante le mie passeggiate con il quadrupede, non faccio che raccogliere bicchierini di plastica, tetrapak di succhi di frutta o vino scadente, bottiglie di birra e lattine di bevande gassate, rifiuti impunemente abbandonati a terra, nonostante il parco dietro casa mia, ad esempio, sia regolarmente provvisto di cestini. Come se non bastasse il problema dell’esubero di plastica, è soprattutto la presenza delle mascherine a costituire un nuovo pericolo per l’ambiente e gli animali. A lanciare l’allarme è un nuovo studio condotto presso l’Università della Danimarca meridionale, secondo cui ogni minuto gettiamo via 3 milioni di mascherine, molte delle quali finiscono per diventare micro e nanoplastiche potenzialmente tossiche o in grado di trasportare altri agenti pericolosi nell’ambiente. Altri studi recenti stimano che vengono utilizzati 129 miliardi di mascherine a livello globale ogni mese, pari a 3 milioni al minuto.
Lo studio
Secondo gli autori del nuovo studio dell’Università della Danimarca meridionale e dell’Università di Princeton, non esistono ancora oggi linee guida per il riciclaggio delle mascherine, le quali, se disperse nell’ambiente, possono frammentarsi in particelle di plastica più piccole-micro e nanoplastiche: a differenza delle bottiglie, di cui circa il 25% viene riciclato, le mascherine vengono smaltite come rifiuto solido indifferenziato. Nella migliore delle ipotesi finiscono in discarica o vengono bruciate, ma il pericolo è che possano spargersi nell’ambiente, nei corsi d’acqua dolce e negli oceani, con conseguenze catastrofiche per l’ecosistema. La preoccupazione più recente è che le mascherine, realizzate con fibre di plastica molto piccole, quando si rompono nell’ambiente possono rilasciare più plastiche micro-dimensionate, più facilmente e più velocemente delle plastiche sfuse come sacchetti di plastica. Come altri detriti di plastica, anche le mascherine usa e getta possono accumulare e rilasciare sostanze chimiche e biologiche nocive per piante, animali ed umani, quali bisfenolo A, metalli pesanti e microrganismi patogeni.
Soluzioni al problema
Secondo gli autori dello studio ci sono alcune accortezze che si possono seguire per limitare i danni: l’utilizzo di bidoni della spazzatura esclusivi, la sostituzione delle mascherine usa e getta con quelle riutilizzabili e lo sviluppo di mascherine biodegradabili. Esistono già delle aziende che si occupano della differenziazione di questi materiali: in Italia, ad esempio, Eurocorporation mette a disposizione dei propri clienti, anche gratuitamente, contenitori specifici per lo smaltimento di mascherine e guanti. Mentre la scienza e la medicina studiano metodi sempre più rapidi e sofisticati per la salvaguardia della nostra esistenza, sarebbe bene ricordare che è compito di tutti noi pensare alla tutela dell’unico pianeta attualmente in grado di ospitarci.
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