Razzismo, il rugbista Mbandà insultato in strada

Razzismo, il rugbista Mbandà insultato in strada

Razzismo, il rugbista Mbandà insultato in strada


Lo ha raccontato lo stesso giocatore della nazionale con un post su Facebook: "Solitamente cerco di farmi scivolare addosso certe frasi stupide, stavolta no"

Nuovo caso di razzismo nei confronti di un personaggio dello sport. Il nazionale italiano di rugby Maxime Mbandà, nato a Roma da madre italiana e padre congolese, e giocatore delle Zebre di Parma, racconta su Facebook un episodio avvenuto ieri sera, in strada a Milano, durante una lite con un automobilista. "Ieri sera, dopo anni che non mi succedeva, ho subito un atto di razzismo. Giusto appunto due giorni fa, rispondendo a una domanda, dissi che i miei genitori mi avevano insegnato sin da piccolo ad affrontare gli episodi di razzismo col sorriso, ma questa volta no. Sentirsi dire, da cittadino italiano e mulatto quale sono “Vattene negro di merda, tornatene al tuo paese” (parole tutte reperibili in qualsiasi dizionario Treccani), mi ha letteralmente ferito, deluso, danneggiato moralmente e mi ha fatto riflettere tutta la notte. "Questa volta - aggiunge Mbandà - non erano frasi dette da un bambino che avrebbe potuto semplicemente ed ingenuamente ripetere ciò che poteva aver sentito da genitori, altri bambini, televisione o qualsiasi altra fonte". "Solitamente - prosegue sul suo profilo Facebook il rugbista - cerco di farmi scivolare addosso tutte quelle frasi stupide che vengono passate come barzellette o frasi scherzose riguardante i negri o comunque gli immigrati in generale, ma questa volta no. Sono nato in Italia da una donna sannita di Pannarano, un paesino in provincia di Benevento e da un uomo congolese, venuto in questo Paese con una borsa di studio a 19 anni e diventato un Medico Chirurgo sapendo solo lui le difficoltà a cui sia andato in contro. Sarò sempre quel 'negro' che alcune persone ignoranti usano con quel tono dispregiativo e sarà sempre italiano, che la gente lo voglia o no". Mbandà nel post si dice "fiero di essere il risultato dell'unione di due culture diverse" e assicura di essere pronto a battersi "sempre affinché vengano rispettati i diritti di cittadino italiano e del mondo miei e di qualsiasi altra persona che abbia una storia analoga alla mia e che si possa chiamare Mario, Giulia, Juan, Xiang, Mohamed".


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