Una testa piena di ricci, un viaggio alla scoperta delle proprie radici: Raffaella Case ci porta dietro le quinte del suo romanzo
Una testa piena di ricci, un viaggio alla scoperta delle proprie radici: Raffaella Case ci porta dietro le quinte del suo romanzo Photo Credit: "Una testa piena di ricci" di Raffaella Case, Corbaccio
01 novembre 2025, ore 09:00
Una storia che parla di scoperta del passato attraverso i legami familiari in un viaggio, quello della giovane protagonista del racconto, necessario – se non essenziale – per poter definire la propria identità
Quello del sabato e della domenica, sulle nostre pagine online, è un momento molto speciale per gli amanti della lettura. È infatti quel frangente in cui andiamo a dare uno sguardo a ciò che avviene sugli scaffali delle librerie. Un luogo fantastico dove settimanalmente avviene un costante e repentino avvicendamento di copertine, porta d’ingresso verso mondi fatti di storie speciali, ognuna a modo suo.
Un ecosistema, quello dell’editoria, che esploriamo ogni domenica con la rubrica dedicata ai libri da leggere più interessanti della settimana. Parentesi che, negli ultimi appuntamenti, ci ha permesso di saperne di più di titoli come “Dottor No”, “Nido di vespe”, “Nido di vipere” e “La cena delle anime”, o ancora “Il segreto di Miss Austen”, “Il mio anno a Oxford”, “Il senso della realtà” e “La cacciatrice di eredità”.
Il sabato, a stuzzicare l’appetito di lettori e lettrici affamati di novità stuzzicanti, ci pensano gli stessi autori e le stesse autrici delle storie che troviamo in libreria. E lo fanno con dei focus specifici su aspetti precisi delle storie che portano la loro firma, e su cui hanno speso ore e ore di duro lavoro. Storie come “La seminatrice di coraggio” di Antonella Desirée Giuffrè, o ancora “Certa gente non dimentica” di Alessandra Acciai, dando uno sguardo alle scorse settimane. Oggi lo spazio è tutto per Raffaella Case, autrice di “Una testa piena di ricci” pubblicato da Corbaccio.
UNA TESTA PIENA DI RICCI, L’IMPORTANZA DELLE PROPRIE RADICI
Ciao Raffaella, lascio a te l'onere di rompere il ghiaccio: cosa troviamo in "Una testa piena di ricci"?
"Trovate una ragazzina di quasi 13 anni, di Milano, che si chiama Zhenga, con la acca, divoratrice di manga e serie tv. Una di quelle ragazzine che vi capita di incrociare in metropolitana o al centro commerciale. Secca secca, lunga lunga, si nasconde dentro una felpa taglia XL, ma è impossibile non accorgersi di lei e del suo enorme, strafottente cespuglio afro, da lei ribattezzato Bao, e dotato di personalità propria. Con buona probabilità la sua pelle ambrata vi spingerebbe a chiederle: “Di dove sei?”. Lei allora sbufferebbe un po’, non ne può più di domande sulle sue origini fusion. Ma siccome è una ragazzina bene educata vi risponderebbe: “Mia madre è veneta, mio papà ruandese. Della famiglia di mamma so tutto, di quella di papà niente, lui non apre bocca, è ostinato come un mulo. Ma io ho un sacco di domande, e ho deciso di partire per trovare le risposte. Volete accompagnarmi?”."
È una mia impressione oppure, con un racconto dagli elementi contemporanei, siamo di fronte a una storia che ha tutti i connotati dell'epica classica, con il viaggio dell'eroe?
"Sì, ma qui l’epica viaggia al ritmo di Fortnite. Zhenga affronta la sua avventura come se fosse dentro un videogame: ogni tappa è un livello, ogni incontro un boss da superare, ogni informazione un “bonus” per capire qualcosa in più di sé. È un viaggio eroico, ma con le sneakers ai piedi e le cuffie in testa. La sua arma segreta? L’ironia, ovvero quella capacità di ridere anche quando le cose si mettono maluccio, e di non prendersi mai troppo sul serio. Una competenza fondamentale, quasi darwiniana direi, e che dovrebbe essere inserita come materia scolastica."
Da dove è nata l'idea di raccontare questa storia? Ed è stato complesso (o, al contrario, semplice) calarti nei panni di un personaggio come Zhenga, la protagonista della storia?
"L’idea di scrivere questa storia è nata dal mio quotidiano. Io stessa vivo in una grassa, grossa famiglia mista, come quella di Zhenga. Non solo. Proprio come Zhenga sono stata una ragazzina tra due culture: i miei genitori, italianissimi, lavoravano in Germania e facevamo la spola tra Bad-Schwalbach e Belluno. Con il risultato che per gli amici italiani ero la “crucca”, per i tedeschi la “mangia spaghetti”. Per questo è stato piuttosto naturale calarmi nei suoi panni. Per lo spirito polemico, la curiosità endemica e quel retrogusto di timidezza, altre caratteristiche della protagonista, mi sono venute invece in aiuto le mie figlie, Muse straordinarie. Zhenga ha tantissimo di loro, anche se è molto meno impegnativa. Perché con Zhenga mi bastava pigiare il tasto off del pc, mentre con loro be’, devo ancora trovare l’interruttore. O quantomeno il tasto pause."
LA STORIA DI UNA GIOVANE RAGAZZA, MA CHE RIESCE A PARLARE A TUTTE LE ETÀ
Il libro è un concentrato di elementi: c'è l'aspetto sociologico - con i diversi personaggi dai caratteri sui generis e ben definiti - e c'è anche la storia, con i cenni alla storia del Ruanda. Era nato già in questo modo nella tua mente, oppure si è evoluto in corso d'opera?
"Avevo il nucleo originario della trama: una ragazzina con un background misto che cerca le sue radici. Conoscevo il punto di partenza, quello che sarebbe successo in mezzo snì. Ci ha pensato Zhenga a prendermi per mano e portarmi dove voleva lei. I ragazzini vanno sempre ascoltati. Sono molto più saggi di noi. Anche il finale è opera sua: io all’inizio avevo in mente un’altra direzione, ma poi mi sono lasciata convincere."
Avevi un pubblico di riferimento in mente quando pensavi a questa storia?
"Ho scritto il libro che avevo voglia di leggere. Mi piacerebbe riportasse una fascetta che recita: “Adatto dai 2 ai 99 anni”. Mi ha sempre fatto sorridere il claim che compare su alcuni giochi da tavolo: l'idea che si possa stare insieme, al di là delle generazioni, è davvero bella. L’età è solo un numero e io ci credo. Se il mio libro riuscisse a far divertire, magari discutere, varie generazioni attorno allo stesso tavolo, potrei dirmi più che soddisfatta. Poi, se proprio devo dire che lettori vorrei: lettori voraci, fedeli e numerosi come quelli di Stephen King o Geronimo Stilton o qualsiasi autore di best seller."
Se il tuo libro fosse una canzone, quale sarebbe?
"“Brown Skin Girl” di Beyoncé. Perché è un manifesto di orgoglio, consapevolezza e forza per le ragazze come Zhenga, con la loro pelle e personalità uniche. È un inno alla fiducia in sé stesse e una celebrazione delle proprie radici, esattamente come il viaggio della protagonista."
Questo era il tuo romanzo d'esordio. Hai già in mente verso quali orizzonti ti porterà la penna in futuro?
"Nell’immediato questo pomeriggio devo aiutare mia figlia piccola, che va in prima elementare, a cerchiare le vocali per un compito a casa. Se la cava benissimo da sola, ma io adoro temperare le matite, scrivere, cancellare, riscrivere meglio. Tecnicamente mi sto tenendo in allenamento per il prossimo lavoro."



