WhatsApp potrà "spiare" nelle nostre chat? Cosa sta succedendo a una delle app più scaricate al mondo?

WhatsApp potrà "spiare" nelle nostre chat? Cosa sta succedendo a una delle app più scaricate al mondo?

WhatsApp potrà "spiare" nelle nostre chat? Cosa sta succedendo a una delle app più scaricate al mondo?


E' stata rinviata al 15 maggio la modifica delle condizioni di utilizzo della piattaforma "sorella" di Facebook. Intanto è boom di Signal, l'app rivale che incassa milioni di download

Dopo le proteste arrivate da migliaia di utenti da tutto il mondo, WhatsApp, la celebre app di messaggistica istantanea, ha deciso di rinviare la modifica delle condizioni di utilizzo, tema al centro di un approfondimento in diretta a Non Stop News, stamattina, su RTL 102.5. Un rinvio di tre mesi, fino a metà maggio. “L’8 febbraio nessun account sarà limitato. Stiamo posticipando la data in cui alle persone verrà chiesto di rivedere e accettare i termini”, ha spiegato WhatsApp in un articolo sul blog, tentando in qualche modo di placare le proteste e - probabilmente - di fermare la corsa verso altre app di messaggistica, scelta compiuta proprio in questi giorni da decine di utenti preoccupati all'idea che la tutela dei dati personali possa essere messa a rischio. “In modo graduale – si legge -, e secondo le tempistiche di ciascuno, inviteremo i nostri utenti a rivedere l’informativa prima del 15 maggio, quando saranno disponibili le nuove opzioni business”.


Perché così tante proteste?

Il malcontento che si è scatenato intorno alle nuove regole di WhatsApp è legato ai tanti dubbi che si concentrano sulla gestione dei dati sensibili. Va detto che, nel 2014, Facebook ha acquistato WhatsApp. Il cambio dei termini annunciato dall’app di messaggistica punta proprio a permettere al social network di Zuckerberg di utilizzare i dati che arrivano da WhatsApp, e a condividerli anche con Messenger e Instagram, anche – ipotizza qualcuno – per la creazione di campagne pubblicitarie basate proprio sui dati personali degli utenti.


“Per gli utenti europei, nessuna modifica”

In Italia, tuttavia, vigono regole di protezione privacy più rigorose. Il Gdpr entrato in vigore nel 2018 impedisce infatti all’app di condividere i dati degli utenti europei con Facebook. Da qui, la precisazione di WhatsApp, che ha subito rilasciato una dichiarazione: "Non ci sono modifiche alle modalità di condivisione dei dati di WhatsApp nella Regione europea, incluso il Regno Unito, derivanti dall'aggiornamento dei Termini di servizio e dall'Informativa sulla privacy. Non condividiamo i dati degli utenti dell'area europea con Facebook allo scopo di consentire a Facebook di utilizzare tali dati per migliorare i propri prodotti o le proprie pubblicità". Nonostante questa postilla, però, nei giorni scorsi il Garante per la Privacy ha aperto un fascicolo sottoponendo la comunicazione dell’app all'Edpb, il Board che riunisce le Autorità privacy europee.


Le preoccupazioni: WhatsApp potrà “spiare” fra le nostre chat?

A chiederselo sono molti: in ballo, in questo dibattito e nelle nuove condizioni di WhatsApp, c’è anche la riservatezza dei messaggi che ci scambiamo ogni giorno? Detto in altri termini, ciò che scriviamo potrà essere utilizzato per scopi commerciali o per profilarci? La risposta, al momento, è no. Anche con questo aggiornamento delle condizioni d’uso, a questo punto slittato a metà marzo, nulla varia per la riservatezza dei messaggi in sé, che rimangono protetti secondo il protocollo end-to-end. Si tratta di una crittografia che rende molto difficile leggere o ascoltare ciò che viene inviato nelle conversazioni private.

Molti abbandonano WhatApp, boom di Signal, è dovuto a questo il rinvio?

Nonostante le rassicurazioni arrivate dalla big tech, soprattutto per chi vive all’interno dell’Unione Europea, negli ultimi giorni si è registrata una piccola fuga da WhatsApp, con gli utenti che hanno optato per altre piattaforme: Telegram, che nel giro di tre giorni ha incrementato di 25 milioni gli utilizzatori (già 500 milioni) e Signal. Quest’ultima è un’app di messaggistica concorrente che, tra il 6 e il 10 gennaio (quando ha cominciato a diffondersi la protesta legata a WhatsApp) ha registrato 7,5 milioni di download, anche sull’onda dell’endorsement arrivato via Twitter da Elon Musk, Ceo di Tesla e SpaceX. Potrebbe essere proprio questa “diaspora” ad aver spinto Mark Zuckerberg (numero uno di Facebook quindi, dal 2014, anche di WhatsApp) a optare per un rinvio al 15 maggio di ogni variazione delle regole connesse ai dati di milioni di utenti? Probabile.


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