Birmania, dopo il golpe i militari accusano Aung San Suu Kyi, ha importato illegalmente dieci ricetrasmittenti

Birmania, dopo il golpe i militari accusano Aung San Suu Kyi, ha importato illegalmente dieci ricetrasmittenti

Birmania, dopo il golpe i militari accusano Aung San Suu Kyi, ha importato illegalmente dieci ricetrasmittenti


La leader della Lega Nazionale per la Democrazia e Consigliere di Stato birmana, deposta dai militari, è accusata di import-export illegale per una decina di walkie-talkie usati dalla sicurezza, mentre il presidente avrebbe violato le restrizioni anti-Covid, i due rischiano due anni di carcere

Un colpo di stato dai contorni kafkiani, quello che ha rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi in Birmania. La Signora, come viene chiamata nel Paese, leader della Lega Nazionale per la Democrazia e Consigliere di Stato, ruolo molto importante e prestigioso nel governo (paragonabile a un primo ministro), è stata posta ai domiciliari dopo il golpe militare. Con lei anche il fedele presidente Win Myint. Le accuse per i due sono surreali: lei avrebbe importato illegalmente una decina di walkie-talkie e il presidente invece avrebbe violato le restrizioni imposte per il coronavirus.

Aung San Suu Kyi rischia due anni di carcere

I walkie-talkie che sarebbero stati importati illegalmente da Aung San Suu Kyi sono quelli usati dal suo servizio di sicurezza, per il reato di cui è accusata, import-export illegale rischia una condanna a due anni di carcere; la leader destituita, premio Nobel per la Pace nel 1991, aveva già trascorso 15 anni della sua vita, da reclusa in casa, posta agli arresti domiciliare durante una precedente instaurazione di un regime militare in Birmania. Era stata eletta dopo la liberazione nel 2012. L’accusa per il presidente invece è di aver violato le misure restrittive dovute alla pandemia. I capi di imputazione che risultano, visti dall’esterno, surreali e pretestuosi sono però una dimostrazione delle cattive intenzioni dei militari. I due saranno agli arresti domiciliari fino a metà febbraio.

Condanna internazionale quasi unanime

A osteggiare una presa di posizione internazionale unanime, c’è la Cina che ha impedito, esercitando il suo diritto di veto, una condanna in sede Onu. La stampa britannica ha riportato che dietro il mancato accordo in seno al Consiglio di sicurezza dell'Onu per una dichiarazione congiunta contro il colpo di Stato, c’è Pechino. La Cina esercita il suo diritto di veto in quanto membro permanente. Il ministro degli Esteri cinese ha rigettato le accuse ma risulta molto evidente che il governo cinese finora si è espresso con toni morbidi e rassicuranti sulla legittimità del golpe. Ma il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres ha dichiarato al Washington Post di voler “fare tutto il possibile per portare al fallimento il colpo di stato”. Condanna in queste ore dalla Gran Bretagna che chiede la rimozione delle accuse ad Aung San Suu Kyi e agli altri funzionari birmani rovesciati dai militari.

Un Paese in fermento

In Birmania, intanto, sta prendendo forma un nascente movimento di disobbedienza civile, lanciato ieri da alcuni medici e dipendenti pubblici che si rifiutano di lavorare per i militari e protestano contro l'arresto anche di almeno 16 persone che hanno criticato l’operazione dei militari e, tra gli attivisti per i diritti umani e giornalisti birmani , è diffusa la paura di essere i prossimi. I più baldanzosi disobbedienti si sono fatti ritrarre con le tre dita alzate, lo stesso gesto del film 'Hunger Games' utilizzato dai manifestanti pro-democrazia in Thailandia. Nelle strade di Yangon, alla sera gli automobilisti suonano i clacson e residenti di interi quartieri iniziano a battere le pentole dalle finestre, in un simbolico gesto per scacciare gli spiriti malvagi.

Black out social

Dopo l’isolamento informatico delle prime ore successive al golpe, oggi Facebook ha reso noto che alcuni dei suoi servizi in Birmania sono interrotti e indisponibili per alcune persone.


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