Formula 1, venticinque anni fa il primo mondiale di Schumacher vinto con la Ferrari Photo Credit: ANSA-CD EPA PHOTO/DPA/HARRY MELCHERT
08 ottobre 2025, ore 11:36
L'8 ottobre del 2000, il pilota tedesco si laureava campione del mondo con la monoposto del "Cavallino" dopo un digiuno durato ben 21 anni
Venticinque anni fa. Un quarto di secolo è passato, ma il ricordo è ancora vivido, quasi bruciante. L’8 ottobre 2000 non è una semplice data nel calendario dello sport, è il punto di svolta, l'epilogo di un’attesa lunga ventuno anni, il giorno in cui la Ferrari e Michael Schumacher realizzarono il destino che il mondo intero aveva predetto, ma che solo i più coraggiosi avevano osato sperare. A Suzuka, in Giappone, finiva il digiuno e iniziava la leggenda.
LA TENSIONE E LA PROMESSA MANTENUTA
L'aria quel giorno era densa di una tensione quasi insopportabile. Quattro anni prima, Schumi era arrivato a Maranello, un guerriero tedesco con la missione di riportare lo scudetto al Cavallino Rampante, spezzato dal 1979 (Jody Scheckter). Erano stati anni di delusioni atroci, di pole position convertite in ritiri e di notti insonni per i tifosi, ma anche di una fede cieca nel "dream team": Jean Todt, Ross Brawn e Rory Byrne al fianco del Kaiser. Il 2000 era l'anno del tutto o niente. Il rivale, il glaciale Mika Häkkinen su McLaren, aveva tenuto la contesa viva fino al penultimo appuntamento. Suzuka era il match point, il bivio tra l’immortalità e un altro anno di amara attesa.
LA GARA ETERNA, LA MOSSA DEL GENIO
Schumacher partì dalla pole, ma fu il finlandese a scattare meglio, prendendo subito il comando. Per trenta lunghissimi giri, fu un duello di nervi e millimetri: Häkkinen davanti, Michael incollato, a studiare, ad aspettare l'attimo. La svolta, quella che i tifosi ricordano con il cuore in gola, arrivò alla seconda serie di pit stop. L'ingegnosità di Brawn e il piede destro indemoniato di Schumacher si unirono in un capolavoro di strategia. Con la pista che, a tratti, si faceva insidiosa per una pioggia leggerissima, Michael spinse la sua F1-2000 in un forcing disumano con le gomme usurate, inanellando giri veloci che demolirono il vantaggio di Häkkinen. Quando Häkkinen rientrò ai box, l'attesa al muretto Ferrari divenne muta. Poi, l’esplosione: la Rossa riemerse dalla pit lane per un soffio, davanti alla McLaren. Il sorpasso non era avvenuto in pista, ma grazie alla pura, chirurgica, velocità.
L'URLO CHE SPEZZÒ L'INCANTESIMO
Gli ultimi giri videro il pilota di Kerpen gestire magistralmente il vantaggio, macinando metri con la freddezza del campione predestinato. Al traguardo, lo sventolio della bandiera a scacchi non fu solo la fine di una gara, ma la fine di un'ossessione che aveva attanagliato l'Italia sportiva per un ventennio. L’urlo di gioia, l'abbraccio liberatorio nel box, le lacrime di Todt e, soprattutto, l’immagine iconica di Schumacher che alza il pugno in trionfo: erano la prova tangibile che la promessa era stata mantenuta. Quella vittoria non fu un semplice titolo mondiale. Fu la rinascita, la posa della prima pietra di un’epopea che avrebbe dominato la Formula 1 per i successivi cinque anni. L'8 ottobre 2000 rimane il giorno in cui la Ferrari, guidata dal suo cavaliere tedesco, tornò sul tetto del mondo, regalando ai suoi tifosi una gioia amarcord che, venticinque anni dopo, profuma ancora di leggenda.



