Fukushima dieci anni dopo, i segni della catastrofe sono ancora lì, a rilento operazione di bonifica del sito nucleare

Fukushima dieci anni dopo, i segni della catastrofe sono ancora lì, a rilento operazione di bonifica del sito nucleare

Fukushima dieci anni dopo, i segni della catastrofe sono ancora lì, a rilento operazione di bonifica del sito nucleare


Commemorazioni limitate per via della pandemia, in Giappone, per il decimo anniversario dalla triplice catastrofe di Fukushima: terremoto, tsunami, e disastro nucleare, con oltre 15 mila morti e quasi mezzo milione di sfollati; a rilento operazioni di smantellamento della centrale

Oggi si ricorda un giorno drammatico che ha segnato la storia recente del Giappone ma del mondo intero. Fukushima, località stravolta nel 2011 da un sisma, uno tsunami e la fuoriuscita di radiazioni dalla centrale nucleare è diventata un simbolo di morte ma anche di ricostruzione. Una serie di eventi celebrativi ha luogo nel Paese, sia pur con le limitazioni imposte dall’emergenza coronavirus. Alle 6.46, ora italiana, è stato osservato un minuto di silenzio in tutto il Giappone, in memoria delle vittime. Il premier Yoshihide Suga ha rilasciato un messaggio di speranza durante il memoriale organizzato al Teatro Nazionale di Tokyo, in presenza dell'Imperatore Naruhito e della consorte Masako, ma senza pubblico per le tradizionali offerte floreali. Le sirene hanno risuonato lungo i litorali della regione del Tōhoku, sul versante nord orientale del Giappone, luogo del disastro.

I fatti

L'11 marzo del 2011, alle 14.46 in Giappone (le 6.46 in Italia), un violentissimo sisma di magnitudo 9, registrato a 70 chilometri dalla costa, scosse la regione del Tōhoku, nel nord del Paese. Un terremoto così forte non era mai stato registrato prima in Giappone. L’ipocentro era situato in mare alla profondità di 29 chilometri circa, e ciò comportò l’innalzamento del livello dell’Oceano Pacifico di oltre un metro e innescò un violentissimo tsunami con onde alte fino a 15 metri. L’acqua travolse tutto quello che incontrava, compresa la centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi, mettendo fuori uso i gruppi di generatori di emergenza che alimentavano i sistemi di raffreddamento di tre dei suoi quattro reattori: di conseguenza, i noccioli in essi contenuti si sciolsero e innescarono diverse esplosioni, che distrussero parzialmente la struttura. I morti della catastrofe furono 15.900, prevalentemente a causa dello tsunami, mentre oltre 2.500 persone risultano ancora disperse. La radioattività elevatissima della zona, la devastazione causata dall’onda anomala hanno costretto alla fuga circa 470 mila persone, di cui 170 mila residenti a Fukushima. Negli anni, il numero di sfollati si è progressivamente ridotto, ma ci sono ancora circa 40 mila persone non ancora autorizzate a rientrare nelle loro abitazioni. Gravissime anche le conseguenze sull’economia della regione che ancora oggi è compromessa e che non presenta significativi miglioramenti.

Ricostruzione e bonifica a rilento

Il premier giapponese Suga ha ribadito la volontà del governo di andare avanti col processo di ricostruzione nelle aree devastate, e, in questa direzione, rientra l'estensione fino al 2031 dell'operato dell'Agenzia della Ricostruzione, costituita appositamente per coordinare la riedificazione dell'area. Più di 30.000 miliardi di yen (232 miliardi di euro) sono stati spesi in progetti di ricomposizione del territorio negli ultimi 10 anni, con il processo di decontaminazione della regione ancora in corso. Un compito complesso considerato anche che la zona che rimane inaccessibile, in particolare nei pressi della centrale atomica, ha un'estensione di 337 chilometri quadrati. Come rimane incerto il piano per la gestione dell'acqua contaminata, usata per raffreddare il nocciolo che è stata, via via, accumulata nelle cisterne attorno al sito, il cui spazio è destinato ad esaurirsi nell'autunno del 2022. Inizialmente le autorità giapponesi avevano proposto di disperderla gradualmente nell’Oceano Pacifico e nell’atmosfera, ma di fronte alle proteste di diverse nazioni confinanti con il Giappone e delle associazioni per la pesca e per la tutela dell’ambiente, l’ipotesi è stata accantonata e non ci sono ancora decisioni ufficiali in merito.


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