Tutto il mio folle amore, diventare adulti in tempi di guerra: il romanzo e i dietro le quinte raccontati dall’autore, Francesco Carofiglio
Tutto il mio folle amore, diventare adulti in tempi di guerra: il romanzo e i dietro le quinte raccontati dall’autore, Francesco Carofiglio
27 settembre 2025, ore 09:00
Un viaggio nel tempo che porta a confronto con tematiche purtroppo sempre molto attuali, in una storia che parla di giovani, di ambizioni, di sogni ma anche di dure realtà con cui fare i conti
Il nostro viaggio alla scoperta delle novità editoriali in arrivo sul fronte del panorama librario è fatto di tante tappe diverse. Ogni settimana – nel weekend per essere precisi – andiamo a dare uno sguardo alle pubblicazioni più recenti, orientandoci tra i tantissimi volumi che prendono posto sugli scaffali delle librerie.
Uno slalom gigante vero e proprio che, al posto della neve, ci vede zigzagare tra pagine e pagine scritte dagli autori di tutto il mondo. Tanti infatti sono i racconti messi sotto la lente d’ingrandimento nello spazio domenicale dedicato ai libri più interessanti della settimana.
Una lente dallo zoom maggiore è invece quella che poniamo il sabato, quando “passano a trovarci” autori e autrici che quelle pagine le hanno scritte, lasciandoci impressa, indelebile, una traccia di sé. Come nel caso di Andrea Mara con il suo “L’ultimo vagone”, o di Sabrina Gabriele con il suo “I buoni propositi”.
Anche oggi andiamo a fondo di un volume approdato recentemente sugli scaffali, e che ci fa viaggiare nel tempo in una storia che strizza l’occhio a un medium a noi molto caro. Si tratta di “Tutto il mio folle amore”, il romanzo pubblicato da Garzanti e che l’autore, Francesco Carofiglio, ci racconta.
TUTTO IL MIO FOLLE AMORE, ESSERE GIOVANI IN TEMPI DI GUERRA
Ciao Francesco, ti lascio subito la parola per introdurci al tuo libro: cosa troviamo in Tutto il mio folle amore?
“Un mondo in bilico: nel 1943, dopo l’otto settembre, l’Italia si spezza in due, e il Sud diventa la porta di ingresso di un futuro possibile. Nel romanzo c’è la guerra che finisce, che sembra finire, la libertà che sembra affacciarsi nell’orizzonte dei giovani protagonisti, le parole e la musica. Oggi mi sento di dire, dopo averlo scritto, che questo romanzo, nella narrazione degli eventi che segnarono la storia del paese in quei mesi, sia una sorta di metafora dell’adolescenza, del passaggio dall’infanzia alla vita adulta.”
La narrativa è ricca di spunti relativi alla Seconda Guerra Mondiale. Com’è nata l’idea di raccontare questa storia che si ambienta a Bari e dintorni?
“L’idea è nata soprattutto da una domanda: cosa significa vivere in un luogo che diventa, improvvisamente e, aggiungo, inconsapevolmente, il baricentro di un cambiamento epocale? Bari, nel 1943, non è solo crocevia di soldati e di eserciti, ma diventa il luogo che accoglie un’idea nuova di resistenza: giornalisti, intellettuali, artisti, musicisti, provenienti da tutta Italia (ma anche dall’estero) partecipano tutti alla straordinaria avventura di Radio Bari, la più importante voce della liberazione in Europa accanto a Radio Londra. Ecco, io volevo esplorare quella frattura, quel tempo sospeso tra fine e inizio, e guardarlo attraverso lo sguardo di chi, allora, aveva diciassette anni.”
IL GRANDE POTERE DI COMUNICAZIONE DELLA RADIO
Uno dei cardini attorno cui ruota il racconto, come hai appena detto anche tu, è per l’appunto Radio Bari. È una storia che non si sente spesso e non viene riportata forse abbastanza, considerando il peso specifico che ebbe nell’opera motivazionale nel movimento di liberazione del sud Italia. Quanto lavoro di ricerca è stato necessario per creare un contesto credibile a livello narrativo e, al contempo, fedele alla realtà?
“Molto, ma la ricerca non è stata solo documentaria. Ho pescato nella memoria dei ricordi familiari, nei ricordi dei racconti di mia madre, di uno zio molto amato. Ho provato a cercare un’armonia tra documenti e memorie, tra fatti e invenzione narrativa. Ho cercato di capire cosa significasse per chi ascoltava la radio, di notte, in case senza luce, in città ancora sottoposte al giogo della dittatura e dell’occupazione tedesca, sentire per la prima volta parole di libertà. Ho letto giornali, memoriali, testimonianze, e ho provato a restituire il suono di quell’emozione collettiva. Radio Bari era uno strumento fragile e potente allo stesso tempo: un atto di resistenza culturale prima ancora che politica.”
Il tuo è un libro che, al netto delle vicende specifiche che racconta - in termini di collocazione spazio-temporale e di protagonisti che si muovono tra le pagine - strizza (purtroppo) l’occhio a tante situazioni contemporanee analoghe. Un po’ come a ricordarci che “la storia si ripete”…
“Più che ripetersi, la storia ci mette davanti gli stessi nodi: paura, disorientamento, la necessità di immaginare e costruire un ordine nuovo, dai disastri della guerra. In questo senso il romanzo forse parla anche del presente. Racconta il tentativo di trovare un posto nel mondo, mentre il mondo sembra crollare. Racconta delle scelte, della necessità di schierarsi, di vivere, di diventare responsabili.”
Nel tuo libro grande spazio è dato anche alla musica. E allora, mai come questa volta, il nostro “gioco” calza a pennello: se il tuo libro fosse una canzone, quale sarebbe?
“My Funny Valentine, senza dubbio, nella sua versione più scarna. Una canzone di malinconia e speranza, una melodia che sembra fragile e invece resta, resiste.”
Guardando al futuro, hai già qualche nuovo progetto che bolle in pentola?
“Adesso mi prendo cura di questo romanzo, ma quando posso scrivo e disegno. Però una cosa posso dirla: a novembre, a Bari, si inaugura una grande installazione che ho progettato, presso la Chiesa di San Francesco alla Scarpa, nella città vecchia. L’opera si intitola: Il peso specifico della memoria. Se passate da quelle parti, siete tutti invitati.”



