La seminatrice di coraggio, la Grande Guerra vista da una prospettiva diversa: Antonella Desirèe Giuffrè ci porta tra le pagine del suo libro

La seminatrice di coraggio, la Grande Guerra vista da una prospettiva diversa: Antonella Desirèe Giuffrè ci porta tra le pagine del suo libro

La seminatrice di coraggio, la Grande Guerra vista da una prospettiva diversa: Antonella Desirèe Giuffrè ci porta tra le pagine del suo libro Photo Credit: "La seminatrice di coraggio" di Antonella Desirèe Giuffrè, Tre60


Un viaggio nella storia che offre uno spaccato sociale importante, con uno sguardo alle vite di tutti coloro che sono stati segnati dalla Prima Guerra Mondiale pur senza combattervi direttamente

È arrivato un nuovo fine settimana, e questo vuol dire per noi nuova full-immersion nel mondo dell’editoria. Tanti i volumi tra cui barcamenarsi, con le proposte che arrivano sugli scaffali delle librerie che rischiano spesso di disorientare. Lasciare lì un tomo preferendogliene un altro innesca sempre un po’ di amarezza (se non senso di colpa vero e proprio) tra chi se li porterebbe a casa tutti. In barba allo spazio disponibile e al tempo necessario a leggerli tutti.

Eppure di libri da leggere e di storie in cui perdersi ce ne sono tante, ognuna con le proprie personalissime sfumature. Basti guardare alla rubrica domenicale che mette sotto la lente d’ingrandimento quattro titoli diversi alla volta – nell’ultimo appuntamento è stato il turno de “Il segreto di Miss Austen”, “Il mio anno a Oxford”, “Il senso della realtà” e “La cacciatrice di eredità”.

Il sabato invece è quel giorno in cui aumentiamo ulteriormente lo zoom e, grazie agli autori e alle autrici, scopriamo i retroscena dei loro libri. Come avvenuto nel caso di Alessandra Acciai con il suo “Certa gente non dimentica”, oppure di Ilaria Bernardini con il suo “Amata”. Oggi lo spazio è tutto per Antonella Desirèe Giuffrè, che con “La seminatrice di coraggio” – edito da Tre60 – ci fa viaggiare nel tempo riportando indietro le lancette di un secolo abbondante.


LA SEMINATRICE DI CORAGGIO, LA SICILIA AI TEMPI DELLA GRANDE GUERRA


Ciao Antonella, come da prassi lascio a te la parola per le presentazioni: cosa troviamo ne "La seminatrice di coraggio"?

“Sullo sfondo della Grande Guerra, troviamo una storia nella Storia, quella delle donne che hanno mosso i primi passi verso una concezione tutta nuova di emancipazione intellettuale e sociale. Ma non solo: troviamo anche l'asprezza di una Sicilia poco raccontata nel contesto storico di riferimento; le ingiustizie che non hanno mai trovato riscatto (vedi le pagine nere che riguardano la vendita dei bambini nelle solfatare e il monopolio delle organizzazioni mafiose sui territori e sul mercato nero in assenza degli uomini arruolati) e anche quelle da cui, con coraggio, si è riusciti a riemergere attraverso la fatica e il senso dell'onore. Infine, ma non certo per ultima, si trova - anzi, si ritrova- l'importanza data alla parola scritta: a quella forza consolatoria che è stata l'unica àncora di salvezza per i nostri uomini al fronte, spesso paragonata alle garze e alle cure dei medici. Perché sappiamo bene che esistono ferite invisibili la cui cura, spesso, può essere data solo dalla pietas che alimenta quella voglia improvvisa e folgorante di sopravvivere. Anche e soprattutto nei momenti più bui.”


Quella che porti tra le pagine è una storia che parla di guerra (nello specifico della Grande Guerra) ma lo fa con una prospettiva diversa: quella di chi il conflitto lo viveva dall'esterno - e, come dicevi giustamente tu, doveva affiancarlo alle lotte del quotidiano, tra difficoltà e ingiustizie sociali - ma, in sostanza, ne subiva direttamente tutte le ripercussioni. Come è nata questa l'idea di dar vita a questo racconto?

“Da un profondo senso di riscatto che ho voluto dedicare alla Sicilia, la mia terra, il cui contributo alla Grande Guerra è stato ritenuto per molto tempo marginale e che invece, soltanto negli ultimi anni -grazie alla documentazione riemersa in occasione del centenario, e soprattutto per merito dell'Archivio Storico Militare-, si è scoperto essere di enorme importanza non soltanto in quanto al numero di uomini inviati al fronte e impiegati per mare, cielo e terra, ma anche grazie alla forza lavoro che le donne, in assenza di questi ultimi, non hanno avuto paura di sostituire e affrontare.

La guerra, inevitabilmente, porta con sé delle ripercussioni che si estendono a macchia d'olio e non si cancellano mai. Mai più. Ebbene, le donne di questa storia, della nostra Storia, ci insegnano quanto sia fondamentale alzare la testa e combattere, con coraggio, in nome dei propri diritti e della propria libertà; e sì, nonostante le battaglie che si agitano fuori e dentro noi. Nello specifico, le donne del periodo lo hanno fatto attraverso le rivolte nelle campagne e aderendo a un movimento di volontariato - quello appunto delle Seminatrici di coraggio- che le ha rese protagoniste sui campi di battaglia pur essendo così lontane dal fronte.”


UN RACCONTO CHE PARLA DI LUOGHI E SOPRATTUTTO DI PERSONE

Prima hai parlato dell'importanza della parola scritta. Qualcosa che, al giorno d'oggi - complice la mole di messaggi istantanei che inviamo quotidianamente e alla velocità della luce - un po' si è persa. Soprattutto (ma non solo) tra i più giovani. Può il tuo libro - e il racconto in esso racchiuso - essere lo strumento per invertire una tendenza che ci vede sempre più lontani dal mettere pensieri e sentimenti nero su bianco?

“Sarebbe bellissimo poter credere che sia così, certo. In "La seminatrice di coraggio" il tema della parola scritta è vissuto attraverso il legame forte e salvifico che Maria Roccaforte - la mia protagonista - e Marcello Elia - il soldato semplice di cui Maria diviene madrina di guerra - costruiscono lettera dopo lettera. Tuttavia, nonostante la storia che ho scelto di raccontare appartenga a un'epoca apparentemente tanto lontana da oggi, ritengo che certe dinamiche emozionali restino invariate con lo scorrere del tempo - a dispetto dell'evoluzione tecnologica e dei costumi diversi. È vero, oggi scriviamo messaggi istantanei: ma non sono forse anche questi composti da parole? La comunicazione è vita, regola le nostre relazioni, il nostro appartenere alla società. Il problema, invece, sta proprio nella velocità con cui le utilizziamo - queste parole in realtà così preziose: ne valutiamo davvero l'importanza e l'impatto che possono avere in chi le riceve, quando le scriviamo? La parola scritta non è come quella che pronunciamo: ha una forma, un aspetto vero e proprio, un corpo. E, soprattutto, rimane nel tempo.

Immaginiamo, quindi, quanto sarebbe incredibilmente magico poter tornare a mettere i nostri sentimenti, le nostre emozioni, nero su bianco: una pagina al giorno, una riga, anche una sola parola. Che sia su un diario, sui post-it, oppure attraverso una lettera da indirizzare a qualcuno o da custodire tra le pagine del nostro libro preferito. Quell'inchiostro sarà un po' la nostra essenza impressa per sempre, da qualche parte, nel cuore di chi ci leggerà.”


Tra l'altro l'importanza della parola scritta era tale soltanto per chi riusciva a leggerla, considerando il relativamente basso grado d'istruzione generale. Un grado d'istruzione che colava a picco nelle zone rurali, dove la stragrande maggioranza delle persone era sostanzialmente analfabeta. E anche quello relativo all'importanza dell'istruzione è uno dei temi che viene toccato all'interno del tuo libro...

“Assolutamente sì, ed è uno dei temi che mi sta più a cuore per la sua rilevanza e impronta sempre attuale. Maria, che per amore lascia il suo paese natio e si trasferisce sui Monti Iblei, è una maestra che resta fedele a quella che considera un'autentica missione: instillare un desiderio di emancipazione tutto nuovo nelle donne del borgo che incrociano il suo cammino. E ci riesce: lo fa attraverso l'istruzione che diventa libertà, possibilità di scelta.

In quelle realtà estremamente rurali che non avevano alcuna opzione di riscatto, la presenza di donne come la nostra Maria Roccaforte è stata davvero fondamentale, un aiuto che ha condotto le nuove generazioni verso il vero cambiamento. E io ritengo che a loro, a chi ha messo sempre a disposizione del prossimo le proprie competenze, quella profonda e sincera voglia di darsi e di dare, vada il nostro più sentito ringraziamento.”


Il tuo romanzo ha ricevuto il Patrocino della Regione Sicilia per l'apporto letterario e culturale al territorio. Qual è stata la tua reazione quando l'hai saputo? E, soprattutto, quanto lavoro di ricerca è stato necessario per portare tra le pagine del libro una fotografia della società del tempo tanto dettagliata?

“Ricevere il Patrocinio della Regione Sicilia per me ha davvero significato molto: il mio desiderio più grande era quello di ridare voce alla memoria collettiva delle Seminatrici di coraggio, al grande valore del loro impegno volontario rivolto ai meno fortunati, agli uomini al fronte, a quel bene comune la cui importanza sarebbe giusto ricordare sempre, soprattutto oggi. Il Patrocinio della mia terra d'origine è una risposta a questo mio obiettivo, e rende onore a una pagina di Storia, la nostra, che tutti dovremmo conoscere.

L'idea di scrivere un romanzo che raccontasse le donne attraverso la Storia si è poi invertita, e l'impresa abbastanza ardua - quella di scrivere una pagina di Storia Italiana attraverso le donne - mi ha letteralmente travolta in un vortice di scoperte e ricerche diramatesi per tutto il lungo percorso di scrittura. Dalle iniziative alle azioni, dalla vita di tutti i giorni alle difficili prove da superare, le donne che ho voluto raccontare rappresentano un vero e proprio micro mondo all'interno di un contesto storico ferito come quello che la Grande Guerra aveva creato. Le fonti di ricerca più importanti alle quali ho attinto provengono dall'Archivio Storico Militare e dall'Archivio Storico di Ragusa, nonché dai numerosi testi - saggi e articoli del periodo - reperibili anche attraverso la rete. Tra tutte, ad ogni modo, le più importanti per tematiche raccontate, descrizione dei sentimenti contrastanti e della vita del tempo - sia sui campi di battaglia che lontano dal fronte -, sono state le lettere ritrovate: che fossero scritte in una lingua così elegante da sembrare poesia, o in una grammatica ricca di errori, la testimonianza delle missive è diventata l'eredità più grande a noi pervenuta.”


Se il tuo libro fosse una canzone, quale sarebbe?

“Essendo un romanzo storico, non è facile associarlo a una canzone dei nostri giorni... eppure, molti lettori lo condividono attraverso i social con la magnifica canzone di Fiorella Mannoia, "Che sia benedetta". Ebbene, non potrei che essere d'accordo con loro: il messaggio che spero di trasmettere con questa storia è proprio quello di una speranza che va oltre le ingiustizie della vita, di un coraggio che giunge improvviso e folgorante nei momenti più bui e che ci permette di rialzarci dalle situazioni più difficili. Maria Roccaforte è il simbolo di una mano tesa che diventa catena umana di solidarietà e libertà, volto di ogni probabile seminatrice di coraggio di ieri, oggi e domani, e la canzone della Mannoia è un inno alla forza della vita che mi piace associare ai volti dei miei personaggi. Se invece fosse solo una composizione musicale, viaggerebbe sulle note delle grandi colonne sonore dei film che ci hanno fatto sognare: Il Gattopardo, Nuovo Cinema Paradiso, Malèna...”


Hai già altri progetti per il prossimo futuro? Qualche nuova storia che sta prendendo forma e aspetta di essere raccontata?

“Sì, sto già lavorando a un nuovo romanzo storico restando fedele alla promessa fatta all'inizio di questo cammino: raccontare la Storia attraverso le donne, scavare in quel passato che conserva pagine epiche in grado di raccontarci attraverso nuovi, illuminanti punti di vista. E in questa nuova avventura letteraria che mi attende, l'Italia si presenta già come grande protagonista.”



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