Primamà, il libro di Laura Pariani che racconta la storia dalle mille sfumature di Eva: ne abbiamo parlato con l’autrice
Primamà, il libro di Laura Pariani che racconta la storia dalle mille sfumature di Eva: ne abbiamo parlato con l’autrice Photo Credit: "Primamà" di Laura Pariani, La Nave di Teseo
08 novembre 2025, ore 09:00
Un romanzo che si focalizza su una figura biblica fondamentale ma di cui si sa sostanzialmente poco: Laura Pariani ci porta tra le pagine del suo libro, che permette alla Prima Donna di raccontare la sua versione dei fatti
Lo spazio dedicato al mondo dei libri e dell’editoria, appuntamento fisso del fine settimana sul nostro portale online, guarda nuovamente all’ecosistema dinamico e frizzante delle librerie. Tante le novità che hanno preso posto nelle ultime settimane sugli scaffali, e che strizzano l’occhio a lettori e lettrici costantemente affamati di novità.
E di novità, tra i libri da leggere, ne finiscono in tantissime sotto la nostra lente d’ingrandimento domenicale. Basti anche solo pensare a “L’oscura follia”, “La memoria del giglio”, “Le frasi rubate” e “Sottobosco” o ancora a “Dottor No”, “Nido di vespe”, “Nido di vipere” e “La cena delle anime”, i cui focus dedicati sono arrivati sulle nostre pagine proprio nelle ultime settimane.
Oggi, come da consuetudine consolidata del sabato, lo spazio è tutto dedicato agli autori e alle autrici. Un frangente in cui, grazie alle loro stesse parole, possiamo scoprire i retroscena delle storie che troviamo sugli scaffali delle librerie. Qualcosa che negli ultimi appuntamenti ha visto protagoniste Raffaella Case con il suo “Una testa piena di ricci” e Antonella Desirèe Giuffrè con “La seminatrice di coraggio”. Oggi i riflettori sono puntati su Laura Pariani, a cui è stato assegnato il Premio Fondazione Il Campiello alla Carriera 2025, e sul suo “Primamà”, pubblicato da La Nave di Teseo.
PRIMAMÀ, EVA RACCONTA LA SUA STORIA
Ciao Laura, ti cedo la parola per le presentazioni: cosa troviamo nel tuo "Primamà"?
“Primamà è la storia di Eva: la prima donna, la prima moglie, la prima madre. Eva la curiosa, la “golosa”, la disobbediente… La Genesi ne parla pochissimo: infatti, a parte l’episodio fatale del serpente e della mela, che fa di Eva la causa di ogni male, la Bibbia la menziona solo per il fatto di aver partorito centoquaranta figli e di essere vissuta fin quasi a mille anni. Io ho cercato perciò di ribaltare il punto di vista di tale narrazione. La mia Eva rifiuta di prendersi la colpa di tutte le disgrazie del mondo e racconta la sua versione dei fatti. In altre parole, Primamà è la Genesi dal punto di vista di Eva.”
Come è nata l'idea alla base di questo racconto? C'è stata qualche ispirazione particolare?
“Da anni i miei interessi si concentrano sulle strutture mentali del mito, cioè sulle narrazioni relative alle origini del mondo e, più in generale, sulle narrazioni orali tradizionali. È stato quindi inevitabile per me lavorare sulla storia di Adamo e Eva, mito fondativo dell’Occidente. Mi hanno spinto, come accennavo prima, il silenzio e la condanna che genericamente gravano sulla nostra progenitrice.
D’altra parte il romanzo Primamà nasce anche da una riflessione su un certo modo di raccontare, cioè sull’uso della voce delle narratrici che ho conosciuto nella mia infanzia. Ho perciò sviluppato il testo in una sorta di dialogo con tre donne: una nonna, una biszìa, una vecchia india mapuche; tutte e tre costruivano le storie con quella saggezza popolare, nel senso più radicale del termine, basata su valori universali non identificabili con una particolare cultura e una particolare alfabetizzazione. La mia scrittura è quindi un omaggio a queste tre “conta-storie”, di fronte alle quali mi pongo nella condizione di allieva.”
UNA STORIA DALLA NOTTE DEI TEMPI CHE PARLA DI SITUAZIONI ANCHE ATTUALI
Il libro è narrato con un linguaggio molto particolare. Come mai questa scelta?
“In tutti i miei libri la lingua è elemento vitale. In questa storia il problema della lingua era gigantesco: come parla Eva, ovvero come si parla nel tempo immobile del mito?... Gran mistero, grande sfida. Ho quindi costruito una lingua che è un misto di lingue, dialetti e espressioni inventate. In questo mi sono lasciata guidare dalla grande tradizione letteraria della pianura padana: partendo dal lontano Merlin Cocai, passando per Carlo Porta, per approdare al Novecento di Testori, Gadda, Dario Fo, Franco Loj. Inoltre ho cercato di recuperare le espressioni orali delle mie tre narratrici: quelle della brughiera lombarda di mia nonna, quelle delle truci leggende cinesi della mia biszìa, quelle dei miti andini che ho ricevuto in eredità dalla moglie india del mio nonno americano.”
Gli eventi - che riconducono alla figura biblica di Eva - si svolgono in un passato lontanissimo e onirico, ma citano eventi (purtroppo) facilmente contestualizzabili anche al giorno d'oggi. Possiamo dire che siamo di fronte a un racconto che ci ricorda quanto ciò che accada oggi sia il riflesso di "tradizioni" sedimentate nel tempo?
“I tempi in cui vive Eva non sono una felice età dell’oro, perché fin dagli inizi nella comunità umana chi è più forte sopraffà il debole. La violenza, di cui donne e bambini sono stati spesso vittime, non è finita. E ancora adesso, perfino nelle società che si fregiano di essere eredi dell’illuminismo, alcune caratteristiche femminili – o addirittura parti del corpo femminile – restano simboli del peccato. Perciò la mia Eva è costretta a lottare per conquistare i propri spazi e a difenderli con le unghie: la libertà che cerca è la libertà di tutte le donne (e non solo).”
Se il tuo libro fosse una canzone, quale sarebbe?
“Una canzone di Davide Van De Sfroos: “Preghiera delle 4 foglie”. Sia come atmosfere sia come lingua, mi ricorda la brughiera umida e scura della valle del Ticino della mia infanzia: la stessa in cui faccio vivere Eva, che guarisce le malattie con le erbe e lancia incantamenti su chi non le va a genio… Tra l’altro mi viene in mente che in una delle raccolte di Van De Sbroos c’è la canzone “Per una poma”, che reinterpreta l’episodio della tentazione di Eva in chiave tragicomica”
Hai già qualche nuova idea che scalcia per diventare una storia? Qualcosa che bolle in pentola in termini di progetti futuri?
“Nel cosiddetto “cassetto” ho un romanzo breve su un artista romagnolo che passò trent’anni nel manicomio di Imola e un fumetto su un viaggio nel tempo in una Milano del futuro. Da qualche mese poi sto costruendo un “girotondo” di storie ambientate a Lisbona, città che ho conosciuto all’epoca di Salazar e a cui ritorno quando posso.”
Un ultimo flash, doveroso, anche sul premio Premio Fondazione Il Campiello alla Carriera 2025. Un riconoscimento arrivato a coronamento di un'attività, nell'ambito letterario, che ti ha visto sempre molto attiva su storie di qualità. Quali sono le sensazioni?
“Ogni premio è per chi scrive una conferma di stare andando nella direzione giusta. E questo è tanto più vero in questo caso, visto che si tratta di un premio “alla carriera”, che valuta la continuità di un lavoro artistico. Quali emozioni? Gratitudine per la giuria prestigiosa che mi ha scelto; senso di soddisfazione e di rivincita verso chi – una preside – nel 1998 mi fece un’ammonizione per essermi assentata da scuola un sabato per andare a Venezia a ricevere il mio primo Campiello.”



